lunedì 15 febbraio 2016

Zoot Zoot



La fattoria degli animali, più i poli opposti di Arma Letale, più la pucciosiità dei vecchi cast Disney a quattro zampe di Woolie Reitherman & C., però risciacquati nella scintillante tecnologia digitale del nuovo cinema animato a stelle e strisce. E sì, Kung Fu Panda 3 si annuncia come un concorrente agguerrito, a giudicare dagli incassi stellari macinati dall'esordio in territorio cinese. Ma anche questo film bestiale degli autori di alcuni fra i migliori film Disney Animation Studios degli ultimi anni, scritto con il ben percepibile zampino femminile della sceneggiatrice di Ralph Spaccatutto e Frozen, è una deliziosa sorpresa, una action comedy che per atmosfere complessive, interazioni fra i caratteri e sorprese sentimentali e dinamismo riporta con la mente alla Disney di chicche Anni 70 come Robin Hood e Le avventure di Bianca e Bernie. Come al solito, Tutto apparentemente facile nella fruizione, tutto terribilmente complicato nella realizzazione. Ma per una volta, tutto perfettamente a fuoco, senza le aspirazioni forse un po' troppo alto target di Inside Out o i luoghi comuni visivi e narrativi de Il viaggio di Arlo. A voler fare i pignoli, le strizzate d'occhio cinefile e post-pop ai maggiorenni sono un trucco abbondantemente frusto: ma rispetto ad altre occasioni, l'integrazione con la trama è più fluida e coerente, il character design più accurato e rispettoso.delle fonti, le gag più snelle efficaci e quando occorre perturbanti. E se l'istinto dice boh, pregasi seguire la ragione: la morale della favola è solida, trasversale e valida. E i furry animals potrà anche averli inventati qualcun altro, che il buon vecchio Zio Walt c'è arrivato solo nel 1928: Ma solo in Dißney sono riusciti a portare le bestie al Next Level.

sabato 13 febbraio 2016

caffè scorretto



Se n'è andato Renato Bialetti, l'omino coi baffi. Sembra facile, e invece no.

mercoledì 10 febbraio 2016

Le nouveau Closeau



Ci si chiedeva: sarà possibile, a tre lustri di distanza, replicare il gioco di prestigio messo in scena da Ben Stiller con "Zoolander", disgraziatamente arrivato in sala all'indomani del fatidico nove-slash-undici, subito scomparso e rapidamente assurto allo status di cult demenziale dopo l'approdo in home video? Ce la farà lo sceneggiatore Justin Theroux a tirar fuori dalla sua testolina irta di dreadlocks sequenze all'altezza della leggendaria sfilata a due o del ritorno di Zoolander al paesello natio? E come bissare il succo tutto satirico del primo film, i birignao, le invenzioni linguistiche, le Magnum e le Blue Steel?
Domande, domande. Ma la risposta è una sola: Zoolander 2 (meglio: N°. 2), in sala da questa settimana, il sequel che mantiene quello che promettevano i primi trailer e quindi, sostanzialmente, fa ridere. Privi dell'effetto sorpresa che sosteneva quasi in toto il primo film, Stiller e soci hanno messo da parte qualsiasi tentazione di satira sociale puntando tutto sull'action comedy, con un plot che sdogana definitivamente il buon Derek come ubermensch fighetto, una sorta di Jacques Clouseau modaiolo e totalmente impermeabile alle leggi della logica e della fisica. Al centro della storia, come da copione, c'è una nuova cospirazione ordita dal cattivo Mugatu per far fuori il titolare dell'espressione definitiva, quella capace di spazzar via il ricordo di tutte le faccette da copertina in circolazione... Che, guarda caso, è proprio il Zoolander N° 2., e più non dimandiamo. In una scala da zero a JJ Abrams, le strizzate d'occhio ai fan dell'originale valgono un buon trenta per cento, e ça va sans dire sono il ventre molle del film; a compensare provvedono i valori produttivi, decisamente superiori a quelli dell'originale, il ritmo scurrile e politicamente scorretto delle gag, la cura del dettaglio demenziale, un cast affiatato e un esercito di "guest star" sparse per il film come paillettes su una giacca di Versace. Autopromozione o satira che sia, chi se ne frega. A chi sentiva la mancanza di Derek sembrerà che il tempo si sia fermato. Per tutti gli altri, c'è sempre l'estremo nord del New Jersey: un luogo cupo, desolato, perfetto per immusonirsi in solitudine.

venerdì 5 febbraio 2016

Earth, Wind e basta



Il grande coro celeste accoglie Maurizio Bianco, fondatore degli EWF. Groovy!