martedì 29 settembre 2015

Il senso di Ridley per la Space Opera


Gusti davvero terribili in fatto di musica, The Martian, con una soundtrack talmente didascalica da non risparmiarci niente, neanche la telefonatissima Starman di Bowie. Ma c'era da farsi perdonare l'abominio di Prometheus. E in questo senso, Sir Ridley Scott ne esce piuttosto bene. Perché la nuova odissea nello spazio tratta dal romanzo omonimo di Andy Weir non ha la vocazione visionaria di Gravity né le ambizioni alte di Interstellar. Ma conferma lo straordinario mestiere del settantottenne (!) regista inglese, la sua cqpacità di lavorare con gli avanzi di tanto cinema ad alto budget per tirarci fuori ricette magari poco innovative, ma sempre efficacissime sul piano dell'efficacia narrativa e dello spettacolo puro.
Così, una pellicola di science fiction con una spolverata di science e l'accento sulla fiction si candida fortissimamente a diventare l'Apollo 13 di questa generazione, una storia già trita e ritrita messa giù alla bruttogiuda da Drew Goddard che però funziona alla grande nonostante tutti i luoghi comuni di cui è infarcita, o forse proprio in virtù di questi ultimi, compresa la martellata alla quarta parete dell'operazione Elrond. Una missione di salvataggio nello spazio, dove tutti possono sentirti urlare al guilty pleasure, con tutti i pregi e i difetti del caso. Manca la sequenza killer, mancano i guizzi visionari ed elegiaci che il Ridley Scott dei primi anni 80 sapeva ammannire al gentile pubblico. Ma in fatto di storytelling puro e semplice, tensione e puro appagamento, più di così proprio non si poteva fare. Prendessero nota, gli scarsissimi (in termini qualitativi, non quantitativi) epigoni del vecchio leone inglese.

sabato 26 settembre 2015

Notte e nebbia


Vivos se los llevaron y vivos los queremos: così, a un anno dalla scomparsa, i 43 studenti sequestrati e giustiziati nello stato messicano di Guerrero continuano a chiedere giustizia per bocca di amici e parenti.
Troppo fastidiosi, troppo colti e politicamente orientati questi studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa, troppo attivi nel denunciare le connivenze fra le alte cariche del governo e dell'esercito e le mani invisibili che come nei fumetti di Tex armano mani criminali per cacciare i contadini da terre troppo ricche di petrolio, gas o metallo giallo.
E la punizione esemplare di quel 26 settembre 2014 è stata peggio della morte, è la versione 2.0 del decreto hitleriano Nacht und Nebel, niemand gleich: la sparizione forzata. Un destino di non esistenza che parte dall'assenza di un cadavere per cancellare il crimine. E trasformare il trauma di una morte presunta in una paura di cui non ci si può liberare, in un lutto che non si può superare, in un sortilegio che paralizza voci e coscienze.
Perciò, il 26 settembre, hay que seguir la lucha. in Messico, con la grande manifestazione che oggi riempirà lo Zocalo, la grande piazza di Città del Messico. In tutto il mondo, con l'arma del ricordo, attraverso libri e inchieste bellissime e necessarie come "Ni Vivos, ni Muertos" di Federico Mastrogiovanni o "Silencio" di Attilio Bolzoni e Massimo Cappello. Perché parafrasando il sermone citato da Brecht, qualcuno deve pure restare a far casino prima che vengano a prenderci tutti.

lunedì 21 settembre 2015

Retep Nap



Ogni tre o quattro macchinette mangiasoldi buttate giù in fretta e furia per vendere macchinine, pop-corn e tricchetracche, in Pixar si ricordano dei bei tempi in cui furono uno studio creativo con i controcazzi. E investono in film fatti più per sfizio che per i grandi incassi.
È successo con Toy Story, che proprio nel novembre di quest'anno festeggerà i vent'anni dal debutto nelle sale. E nel corso degli anni, l'incanto si è ripetuto con Monsters & Co., Ratatouille e Up. Ecco, la buona notizia è che Inside Out punta deciso nella stessa direzione. Poco toyetic appeal e tanta ciccia complicata. Che però gli sceneggiatori della Factory californiana hanno tradotto in immagini splendide, magniloquenti e semplicissime da decodificare. E una sceneggiatura che descrive con una nitidezza degna di un Cuaròn la fatica di diventare grandi. Un Peter Pan al contrario, in cui Campanellino assume fattezze americanissime da stucchevole life-coach, i mondi fantastici dell'infanzia arrugginiscono e si sbriciolano a ogni pie' sospinto e il rifiuto di crescere arriva a tanto così da una deriva à là David Fincher. Una pellicola terribilmente ambiziosa nella stupefacente tecnica realizzativa ma anche nella volontà di trascendere il formato del film per famiglie per arrivare dalle parti dei melò animati di Miyazaki.
Il solito centro pieno, insomma, magari meno gratificante dei capolavori di cui sopra, magari più sbrigativo nel design dei Minions di contorno, sicuramente più faticato nella scrittura, che soprattutto nella seconda parte sembra un po' più incerta nelle gag e timorosa nell'affondare i colpi. Ma che lezione di recitazione, che attenzione per i dettagli, che sicurezza nella gestione delle sfumature: sono cose come queste che distinguono un fuoriclasse da un mestierante. E in questo senso, i ragazzi di Emeryville continuano a giocare un campionato a sé.

lunedì 7 settembre 2015

Marmoduke


Un guaito: ci ha lasciato Brad Anderson, papá del gigantesco Sansone che un tempo facette bella mostra di sé sul Topolino Mondadori.

venerdì 4 settembre 2015

Il maggiolino tutto sfatto



Il pilota di automobili tedesche disegnato da Jack Kirby ha tagliato il traguardo. Trionfo.