lunedì 9 novembre 2009

Come Grangola conobbe la meravigliosa intelligenza di Gargantua dalla invenzione di un nettaculo


Sulla fine del quinto anno d'età, Grangola, tornando d'aver disfatto i Canarrii, andò a vedere suo figlio Gargantua. E ne fu tutto allietato, come poteva essere un tal padre vedendo un tal figlio; e, baciandolo e abbracciandolo, lo faceva parlare con domandine adatte all'età, su una cosa e sull'altra. E bevve anche un gotto con lui e con le sue governanti, alle quali domandava con gran cura, tra l'altro, se l'avevano tenuto ben netto e pulito. Al che fece risposta Gargantua che ci aveva provveduto lui in tal modo che in tutto il paese non si trovava un ragazzino più netto e pulito di lui.

- Ah, sì, e come mai? - disse Grangola.

- Ho inventato, - rispose Gargantua, - con lunghe e diligenti esperienze, un mezzo per pulirmi il culo, il più nobiliare, il più eccellente, il più attinente che mai si vedesse.

- E quale? - disse Grangola.

- Questo, che vi racconterò subito, - rispose Gargantua.

Provai a pulirmi una volta con la mascherina di velluto di una damigella, e trovai che andava bene, perchè la soavità della seta mi procurava davvero un gran piacere al fondamento;
un'altra volta, con un cappuccio della medesima, e col medesimo risultato;
un'altra volta, con una sciarpa da collo;
un'altra volta, con una cuffietta di raso cremisi; ma la doratura di tutte quelle sferette di merda che c'erano su mi scorticarono tutto il di dietro: che il fuoco di Sant'Antonio arda il budello culare dell'orefice che le ha fatte e della damigella che le portò!

Guarii quel male pulendomi con il berretto di un paggio, con su un bel piumetto alla Svizzera.

Quindi, cacando dietro una siepe, e trovandoci un gatto marzolino, provai a pulirmi con lui, ma le sue grinfie mi ulcerarono tutto il perineo.

Della qualcosa guarii l'indomani, nettandomi coi guanti di mia mamma, ben profumati di belgioino. Poi mi pulii con la salvia, il finocchio, l'aneto, la maggiorana, le rose, le foglie di zucca, di bietola, di cavolo, di vite, di malva, di verbena (che é come il rossetto del culo), di lattuga, e con foglie di spinaci - tutte cose che mi fecero un gran bene ai calli! - e poi con l'erba marcorella, la persichella, le ortiche e la consolida; ma me ne venne il cacasangue dei Lombardi, da cui fui guarito nettandomi con la braghetta.

Quindi mi pulii con le lenzuola, con la coperta del letto, con le tendine, con un cuscino, con uno scendiletto, con un tappeto da tavola, una tovalgia, una salvietta, un moccichino, un accappatoio.

E sempre vi trovai maggior piacere che non un rognoso quando gli grattan la schiena".

- Bene, - disse Grangola; - ma qual'è il nettaculo che ti sembrò migliore?

- Stavo per arrivarci, - rispose Gargantua, - e presto ne saprete il tu autem. Mi pulii col fieno, con la paglia, la stoppa, la borra, la lana, e la carta. Ma


"sempre lascia ai coglion qualche cosa
chi con la carta il seder si cosa."


- Come! - disse Grangola, - coglioncino mio, hai già imparato a baciar la bottiglia, che sei fare le rime baciate?

- E come no? mio re, - rispose Gargantua. - Rimo così e anche meglio; e adopero le rime come le rame. Sentite questa prosopopea del cesso ai cacatori:


Cacone,

Puzzone,

Pettone,

Merdoso,

La pappa,

Che ti scappa,

Si spappa,

Su di me,

Cacone,

Stronzone,

Merdone,

Che ti venga una brutta malattia,

Se i tuoi

Sporchi

Buchi

Non ti pulisci prima di andar via!

- Ne volete ancora?

- Sì, perbacco! - rispose Grangola.

- Allora, - disse Gargantua:

RONDO'

Cacando l'altro giorno ebbi a sentire

Quella gabella che al mio cul dovevo;

Ma l'odore non fu quel che credevo,

Ché dal puzzo credetti di morire.

Oh! se qualcun m'avesse in tal martire

Portata quella che sempre attendevo

Cacando!

Io certo avrei saputo a lei coprire

Il suo buco davanti, come devo.

E lei col suo ditino, in gran sollievo,

Il mio buco di dietro garantire,

Cacando.

E adesso andate a dire che non so nulla! Per la Merdonna!

Ma non li ho fatti mica io: li ho sentiti recitare qui dalla signora direttrice, e li ho conservati nel sacconcino della memora.

- Sì, - disse Grangola, - ma ora torniamo alla faccenda.

- Quale? - disse Gargantua, - cacare?

- No, - disse Grangola, - pulirsi il culo.

- Bene, - rispose Gargantua, - ma paghereste una mezza brenta di vin di Brettagna, se io vi mettessi con le spalle al muro sull'argomento?

- Sì, e volentieri, - rispose Grangola.

- Non ci sarà mai bisogno, - rispose Gargantua, - di nettarsi il culo, a meno che quello sia sporco; e sporco non può essere se uno non ha cacato: ergo se ne deduce, che sempre bisognerà cacare prima di nettarsi il sedere.

- Oh! - esclamò Grangola, - come sei fino, ragazzo mio! Uno di questi giorni ti farò laureare in Sorbona, per Dio, perchè hai proprio più cervello che anni. Ma continua un po' questo discorso nettaspeculativo, ti prego, per la mia barba; e invece di mezzabrenta te ne darò sessanta barili dico di quel buon vin di Brettagna, che poi non si fa per nulla in Brettagna ma qui nel nostro paese di Verron.

- Provai a nettarmi in seguito, - rispose Gargantua, - con un copricapo, con un passamontagna, con una pantofola, con un carniere, con un paniere, ma quello era proprio un gran brutto nettaculo! Poi con un cappello di panno; e notate che di questi cappelli certi son di panno rasato, altri di feltro, altri uso velluto, altri uso seta, ed altri satinati; ma il migliore fra tutti è sempre quello di feltro perchè fa un'ottima abstersione della materia fecale.

Poi mi nettai con una gallina, un gallo, un pollastro; con la pelle di un vitello, d'una lepre, d'un piccione, d'un cormorano; con la servietta di un avvocato, con una barbuta, con una cuffia, con un cappuccio da falchi.

Ma, in conclusione, affermo e sostengo, che non v'è miglior nettaculo di Giovanardi. E potete credermi sulla parola. Perchè sentirete al buco del culo una mirifica voluttà: sia per la soavità di quel suo ciuffetto sgualdrino, che per il temperato calor naturale del Giovanardi, il quale facilmente si comunica al budello culare, e quindi agli altri intestini, risalendo così fino alla regione del cuore e del cervello. E vorrei credeste che la beatitudine degli eroi e semidei, che stanno nei Campi Elisi non è già nel loro asfodelo, o nell'ambrosia o nel néttare, come raccontano queste vecchiette; ma bensì, secondo il parer mio, nel fatto che si nettano sempre il culo con Giovanardi, e tale è altresì l'opinione del nostro maestro Gian Scoto.

Francois Rabelais - Gargantua e Pantagruele - (1542)
Libro primo, cap. 13

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